mercoledì 24 novembre 2010

Riflessione sulla nonviolenza e il perdono

La nonviolenza è, lo sappiamo bene, trasformazione creativa dei conflitti.
Eppure, l'esperienza quotidiana delle relazioni interpersonali ci mostra che in taluni casi non solo i conflitti non si risolvono, ma che è addirittura impossibile sperimentare modi di separazione giusta, di riconciliazione pur nella distanza, di scambio tra le parti configgenti improntato a umanità.

È il fallimento della nonviolenza? Direi di no, ma anzi la circostanza in cui si rivela che la nonviolenza è innanzi tutto un difficile percorso interiore, una conquista spirituale. Ogni essere umano è infatti uno scrigno misterioso, che non va forzato ma rispettato nella sua differenza, anche nella sua volontà di non soluzione. È  allora, di fronte alla chiusura dell'altro, quando ogni forma di dialogo viene rifiutata, che occorre fare appello alla propria forza d'animo, per trasformare creativamente il conflitto dentro di sé, traendone comunque un guadagno di riflessione e di crescita spirituale.
È il momento in cui ci scopriamo deboli nel nostro orgoglio. Ma se "amare puramente significa consentire alla distanza", secondo Simone Weil, allora anche nella distanza non più colmabile, non voluta o non accettata, c'è amore.
"Gli uomini ci debbono quel che noi immaginiamo ci daranno. Rimettere loro questo debito. Accettare  che essi siano diversi dalle creature della nostra immaginazione. Anch'io sono diversa da quella che m'immagino essere. Saperlo è il perdono
                                                                                                                                     Simone Weil
 

1 commento:

  1. non riesco a far entrare questo concetto in testa a mio figlio alex, per lui nonviolenza e perdono sono sinonimi di vigliaccheria e agire in questo modo non aiuta affatto, per lui, ma sarà il fatto di essere così giovane, c'è solo la lotta!!!

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